Acquaticità adulti
«Questa pratica non sportiva dell’acqua è organizzata in funzione di alcuni scopi principali:
- il riconoscimento e la presa di coscienza della specificità dell’adulto in situazione di apprendimento: risulta che le situazioni di insegnamento previste per i bambini non siano trasferibili direttamente agli adulti e che ci siano pochi approcci della pedagogia agli adulti al di fuori delle pratiche sportive di mantenimento e di perfezionamento.
- la ricerca di un apprendimento che associ due dimensioni complementari: la costruzione di un sapere motorio che permetta un miglior adattamento all’elemento acquatico e in una prospettiva di sicurezza ed autonomia.
- una conoscenza personale che si sviluppa per ciascun partecipante, attraverso le esperienze e la presa di coscienza dei suoi modi di reagire e di gestire le costrizioni dell’acqua.
L’articolazione di queste componenti è la condizione per un apprendimento realmente integrato ed approfondito.Tutto ciò passa sicuramente attraverso l’acquisizione di un certo numero di competenze, che contribuiscono alla padronanza strumentale e funzionale del corpo in acqua ( o al repertorio motorio acquatico). Questo ci invita a riflettere sull’esperienza soggettiva e sul modo di organizzarci nell’acqua e di vivere le situazioni create. Si tratta di un'altra forma di padronanza legata ad un processo di coinvolgimento e di appropriazione personale che si elabora progressivamente. Di conseguenza nostro proposito è quello di ricercare le modalità di una formazione che abbia per la persona valore di esperienza all’interno del processo stesso di apprendimento. Ci situiamo all’interno di una concezione moderna della psicomotricità, nella quale il corporeo è elaborato in una doppia prospettiva: adattiva, in rapporto all’acqua ed espressiva, in quanto guida significativa che integra tutte le componenti (motorie,cognitive, affettive,relazionali) della personalità. L’apprendimento non è concepito come esterno alla persona, ma sempre più in un rapporto d’interiorità, in quanto passa attraverso una messa in gioco personale, si costruisce in un certo tempo, si inserisce in una storia e nelle relazioni con gli altri. L’acqua dunque assume maggior valore di mediazione, rivelatrice di condotte e comportamenti. Parlare di mediazione significa che spostiamo la centralità della tecnica propriamente detta per concentrarci prioritariamente sui processi di acquisizione, di trasformazione e di coscienza emersa dall’esperienza corporea. Sul piano della pratica pedagogica questo implica che si parta dalla realtà dell’elemento acquatico per costruire una riflessione sui modi di avvicinarlo, utilizzarlo e permettere agli adulti di appropriarsene. »
Le età del nuoto a cura di A. Imeroni, D. Zylberberg UISP FAEL